Intervista a Alessandra Lancellotti
Psicoterapeuta e Coach – Libera professionista – Genova

Quali immagini evoca, nella sua memoria, lo slogan ‘il personale è politico’?
“Ce n’est qu’un début!”: “non è che il principio!” si diceva allora proprio come ora… Non è che il principio, ma di quale storia? L’uomo, ma soprattutto la donna, grazie al movimento femminista e al ’68, si appropriarono del loro corpo, dandosi di fatto, con la pillola e la legge sull’aborto, la possibilità di decidere la sorte del… mondo. Furono anni di contestazione permanente che per esempio costrinse Lotta Continua, su cui scrivevo, a chiudere i battenti: non per mancanza di lettori, ma per mancanza di unità sulla filosofia del progetto editoriale e per la lotta continua fra… uomo e donna in seno alla redazione stessa del giornale. Anni di piombo, ma anche di fuoco. La politica e il pensiero del movimento femminista furono la rivoluzione: non quella mancata, quella tuttora vigente. Di fatto il personale era così politico da far scoppiare la guerra dei sessi: la guerra che divide ancora le coppie sulla pelle dei bambini, come in qualsiasi guerra. Forse proprio dall’aufo-determinazione della donna derivano oggi i timori che la donna stessa prenda il sopravvento. L’Islam, considerando l’uomo come padrone e re della propria sposa, teme che la contaminazione con l’Occidente provochi squilibri e scompensi di portata storica inarrestabile.

Quali significati ha assunto, quello slogan, nella sua biografia?
Nella mia personale storia, condizionata da valori familiari troppo rigidi e conservatori, feci quello che mi si chiese: matrimonio e figli subito. Il dissidio con la famiglia d’origine restò perenne, quasi un credito mai riconquistato per me e un debito mai saldato per loro. Considerai la mia carriera come il figlio che non mi avrebbe mai lasciato, il marito perfetto. La mia politica che riguardava il personale era troppo innovativa e sacrilega. Rimossi tutto e convertii le mie energie sui progetti professionali. La fama del mio brand originario divenne come un… seggio in Parlamento.

Le vengono in mente episodi o eventi specifici?
Il personale che diventa politico mi ricorda l’inizio di Tangentopoli. Fu una donna a denunciare le malefatte del marito: da qui tutto il sistema fu scosso ab imis. E poi è accaduto ancora con la “teste Omega”.

E oggi? E domani? Vale e varrà ancora l’accostamento tra personale e politico?
Il personale significa politico soprattutto oggi, in una visione allargata della contaminazione fra privato e pubblico, nei paesi dell’Oriente e quindi in più della metà del globo. Credo che la globalizzazione di questa prospettiva sia molto temuta. Nel ’68 i cortei femministi si distinguevano per quei gesti a-pertamente alzati al cielo con slogan considerati quasi blasfemi come “l’orgasmo è mio e lo gestisco io!” Ve la immaginate, in Isiam, una cosa del genere?
Penso inoltre che ad esempio la storia di Marilyn con il senatore Kennedy abbia sporcato la sua immagine e l’idealizzazione che se ne fece. Resto ammirata per come Clinton riuscì a far fuori la Lewinskj con una richiesta di perdono in diretta tv, riprendendo vigore e voti. Questo significa che i sentimenti in politica sono forti ancor più che in privato, nel senso che valgono l’approvazione e la fiducia di milioni di persone. Idem per i brand e le persone che vi lavorano. Il ’68 è dunque appena scoppiato: le guerre, gli “sturm und drang” dei sentimenti delle persone dovranno essere studiati prima di qualsiasi cosa, come per la meteorologia.

Luciano Ballabio e Daniela Peronetto

Personale e Professionale – Franco Angeli editore

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