Freud diceva: «Quando sì fa all’amore, sì fa all’amore in quattro». Questo perché in ognuno dì noi allo stato latente esiste un registro di personalità di segno opposto. Nella donna dunque esiste anche una parte di mascolinità e nell’uomo una parte di femminilità che assie­me si mescolano per formare un tessuto armonioso e compo­sito che ha nell’accoppiamento la sua massima espressione.  Importante osservare che queste scoperte che Freud illustra all’inizio del secolo nel suo “Tre saggi sulla Sessuali­tà” come siano siate successivamente spesso prese da molti come inconscio alibi per un sovvertimento quasi totale dei prin­cipi e delle regole che presie­dono alla normale funzione della sessualità. Vale a dire che in nome e per conto della sco­perta dell’inconscio e dal suo enorme pote­re suggestivo, invece di por­re rimedio – e cura a casi di straordinaria follia, è stato dato quasi il permesso di dare alle pulsioni retrostanti la capacità dell’io di regolare sensazioni e dinamiche interpersonali riguardanti soprattutto la sfera amorosa. Col risultato dì “invertire ” di quasi 360 gradi regole e norme che stavano e stanno alla base del comune senso del …pudore ma non del senso comune delle cose. Infatti cosa è suc­cesso Che lasciando uscire le pulsioni lipidiche primarie come direbbe Freud, oppure soltanto i più elementari istinti, come diceva la so­cietà “inibita” ante Freud (e Co.) è ”impazzito” il tessuto stesso su cui si basano cultura, eros e civiltà.

La seduzione dello moder­nità (o del modernismo?) non porta infatti a interrogarsi sulla ragioni psicologiche che ci sono dietro l’omosessualità, ma a farla partecipe di un pae­saggio contemporaneo in cui incuria e in-cultura governano costume etico e giuridico di una civiltà.

E così, cattivi maestri e teorie volte all’esaltazione dell’Es (dello stadio primitivo e dunque acritico dell’Io) con­siderano l’omosessualità come la bandiera delle finite (o finte?) rappresaglie fra Conscio e Inconscio, volte a esaltare soprattutto il valore di quest’ultimo a sfavore del primo. Come se “essere normali” fosse un’anomalia o comunque una “borghese”, e non vice­versa!

I frutti di questo mito del “buon selvaggio” e di questa peste bubbonica che è stata la psicanalisi selvaggia (e il freudismo marxiano di Lacan) non si sono fatti attendere. Si esibi­sce l’anomalia dell’eros trasgressivo e trasversale alla fac­cia dei normali considerati grezzi e poco moderni.

Il discorso “diamo i bam­bini a coppie gay ” (maschili e/o femminili) è un discorso acritico, privo di fondamenti culturali clinici, forte­mente ideolo­gizzato e dunque ascientifi­co.

Accettare queste aberrazioni men­tali significa abdicare in maniera pas­siva e dunque infantile al ruolo adulto e dunque genitoriale della cultura.

Lasciar passare queste nuo­ve regole che rappresentano sul piano clinico l’antitesi e l’evoluzione e dunque di un processo di crescita, equivale sul piano culturale al falli­mento delle cosiddette scienze umane, Psicoanalisì compresa. Seppur per spirito di vendetta a di revanchismo le donne gay pretendono di reclutare affidi e dirsi pronte a questo incarico, sappiano che oltre a essere incuranti delle principali rego­le che stanno alla base del processo di crescita e dello sviluppo psichico dei (loro?) figli, stanno inconsciamente facendo la guerra ai maschi. Alla faccia delle “pari opportunità! ” (Va bene che Marx diceva che “il livello di civiltà di un popolo si misura dal posto di guida che vi hanno assunto le donne…”).

L’indipendente, 12 aprile 1994

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