Beniamino ha dieci anni, una pagella discreta, i genitori separati, la nonna a casa che gli prepara deliziosi pranzetti. Tutti i giorni, tornando a casa, se la trova lì con un bel sorriso spalancato, che gli chiede «come è andata a scuola? Hai preso un bel voto?» Dopodiché gli scodella un bel piatto di pastasciutta, gli lascia guardare la televisione, gli prepara una cioccolata in tazza, lo porta agli scouts, poi a catechismo. Tutto filerebbe benissimo. Ma cosa succede? La mamma quando torna a casa è sempre nervosa, sgrida lui per un niente, sgrida sua madre per delle sciocchezze, spalanca la finestra, dice «qui c’è aria di chiuso». Fuma spasmodicamente una sigaretta dietro l’altra, sta delle ore al telefono: insomrna non è mai contenta. Beniamino guarda la nonna che guarda la mamma con aria di compatimento, e pur senza dirsi nulla, si dicono che la devono sopportare. Non pariamo poi di quando era uscita con il suo papà, tutti i sabato e domeniche o quasi! Papà la viene a prend¬re alle dodici e mezza alla fine della scuoia, con la macchina in sosta vietata. Tutte le volte con l’aria della festa di Natale. Invece lui niente, non sa cosa raccontargli, da che parte cominciare. Se ne resta lì muto, a mangiare al ristorante «su prendi, assaggia questo, assaggia quest’altro». Beniamino tace quando suo padre paria. Non ascolta quasi niente di quanto dice perché non gli interessa più che tanto. Pensa a come sta bene a casa sua con la sua bella televisione, le sue comodità, le sue belle abitudini. Invece gli tocca stare con papà che gli chiede della mamma se esce, quanto esce e con chi. Poi papà lo sgrida se lascia il dentifricio aperto, se si dimentica la luce accesa nel corridoio, se non si allaccia bene le scarpe. Insomma si stufa. Quando è con la nonna non c’è mai niente su cui ridire. Tutto fila a meraviglia. Quando Beniamino ha undici anni inizia a sviluppare un’asma tremenda; gli vengono somministrati tutti i tests. Gli fanno il vaccino, lo portano in montagna, ma niente; più entra nella sua adolescenza e più l’asma lo tiene prigioniero in casa.
Durante un ricovero (in queste crisi aveva uno spasimo per cui diventava persino viola) un medico propone ai genitori di consultare uno psicologo perché non esclude che questa asma sia «psicogena» sia cioè da mettere in relazione con qualche problema psicologico. Ed ecco arrivare i genitori di Beniamino, mogi mogi, non si guardano, sono imbarazzati si prendono tutte le colpe, piangono, si indirrizzano roventi accuse.
La mamma di Beniamino, Gigliola (aspetto dimesso, voce bassa) mi dice che tutto aveva fatto per trovare la persona «giusta». Quando, dopo pochi mesi di matrimonio, arriva la bella notizia che era incinta, sua madre si era lamentata dicendole «ma non potevate aspettare un po’?» Quando nasce Beniamino invece è tutta una gran festa: la mamma arriva tutti i giorni all’ospedale, pannolini, vestitini, regali, fiori. A Gigliola non pare vero. Quando torna a casa dall’ospedale, è una telefonata continua: Beniamino ha bevuto il latte? Quanto è cresciuto? Ha digerito? Ha dormito bene? Tutto le dice la mamma, cosa deve o non deve fare. Guai se si prende qualche iniziativa, arriva mamma sua con una scusa e le fa delle prediche incredibili. Gigliola prova rabbia, ma pensa che è alla sua prima esperienza e quindi ringrazia sua madre ma diventa giorno dopo giorno sempre più nervosa e insicura. Se la prende con Pino per ogni piccolo niente, salta su gli dice che non è capace di far niente, che come padre è uno zero. Insomma sembrava di essere in un tornado, dopo anni di apparente calma e di felicità.
Pino, il padre, mi dice che dopo un primo momento di spaesamento (non sembrava più lei, dopo la nascita del bambino…) in cui si ricorda che trattava male sua moglie, cercava anche di farla reagire nei confronti della madre, decise di andare fuori a far sbollire la sua rabbia. Aveva preso l’abitudine infatti di andare al bar con gli amici, tanto a casa vicino alla Gigliola c’era sempre sua madre. Più passa il tempo e più si sente estraneo, un poco di buono. Il bambino piangeva? Lasciatelo piangere diceva lui. Macchè, era inevitabile che qualcuno si alzasse per andarlo a coccolare a tenergli compagnia, mai un momento che Beniamino lo lasciassero solo. Mai una volta che gli dessero retta! Pian piano i due coniugi iniziarono a farsi musi duri come muri. A dirsi frasi taglienti come lame. Diventano due nemici, si evitano:, quando uno entra, l’altro esce. Così si arriva alla separazione. Gigliola deve andare a lavorare perché lo stipendio di Pino non basta quasi neppure a lui, figuriamoci, per mantenere due famiglie. La nonna diventa a questo punto indispensabile.
Del resto è lei che avava dato ie prime regole a questo gioco in cui la posta era molto alta: c’era in ballo l’educazione del primo nipote maschio che era nato, e sua figlia era così sprovveduta…
Beniamino sta bene nel lago dorato offertogli dal rapporto con la nonna. Ella gli anticipa persino i desideri, lui non ha bisogno di niente altro. Vivono in perfetta simbiosi uno per l’altro. Quando arrivano le prime avvisaglie di quella che rappresenta la primavera della vita, l’adolescenza, Beniamino sta male, invece di uscire a cogliere i frutti della sua età si tappa in casa, si attiene alle sue abitudini, si stringe alle sue sicurezze. Anche se gli manca il fiato a lui va bene così. Beniamino a tredici anni, appare ragionevole e compassato come un pensionato felice. La simbiosi è un male quasi mai diagnosticato, i cui esiti a volte sono a rischio elevato. Conoscerne i pericoli, significa iniziare a combatterla.

La Repubblica, 9 giugno 1989

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